Vittorio Zambardino su Repubblica segnala l’uscita dalla fase beta di Google News, l’aggregatore di notizie targato Mountain View. L’articolo chiude con queste parole:
“Il tutto (l’aggiunta di pubblicità targata Google alle notizie di altri siti, ndr) avverrebbe ovviamente all’interno di un “programma”, come si chiamano quelli attuali, con percentuali e razioni di ricavi ben definite. Nulla impedisce che ciò accada, quindi questo ha molte probabilità di accadere. Soprattutto perché coincide col modello base in ragione del quale Google fa affari. Quel del casellante appunto. Solo che qui il “Casello” prende molto, e la percentuale, il pedaggio, spetta a chi invece porta su di sé il peso, anche economico, di produrre contenuti. E’ lo scambio ineguale, sul quale fondano i Google-nomics”.
Non sono completamente d’accordo.
Vero, il pedaggio che si paga al “casellante” Google è significativo. Però. Però.
L’autostrada gestita da Google incrementa le visite, i visitatori, in sostanza i ricavi del proprio sito.
Mettiamola così: l’editore ha uno splendido alberghetto in cima ad una altrettanto slendida collina. I clienti sono pochi, i ricavi di conseguenza. Arriva l’autostrada di Google, i clienti arrivano copiosi, il fatturato cresce.
Riconoscere una percentuale al casellante è il minimo che l’albergatore possa fare. Il fatto che l’alberghetto sia suo e la scelta della collinetta pure non può giustificare il rifiuto di versare una percentuale al casellante, grazie al quale l’alberghetto ha più clienti.
Tornando al Web, essere presenti in Google News può raddoppiare – come minimo – le visite al proprio sito. Ma se l’editore non è soddisfatto di questo risultato, può sempre decidere di sparire dall’aggregatore di notizie. No?
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