Smaltita l’enorme quantità di mail, mi sono dedicato alla lettura delle notizie on line e dei blog che seguo solitamente (ok, prima o poi li elencherò tutti). Mi è caduto l’occhio su un vecchio post di Vittorio Zambardino intitolato “L’ottimismo è l’oppio degli aeroporti”.
In sintesi, durante un viaggio negli States Zambardino è rimasto colpito da un cartello che vieta “any joke” su attentati et similia. Altrimenti si rischia la gattabuia. I cartelli sono stati piazzati da qualche mese (a metà 2005 – per lo meno a JFK, DFW e SFO – c’erano già), ed in effetti hanno un non so che di inquietante ed esilarante al tempo stesso.
Torniamo all’oggetto del mio post. La scorsa settimana sono stato in Israele per seguire il lancio di un prodotto – legato ovviamente alla telefonia mobile – che a giorni arriverà anche in Italia. Ne scriverò nei prossimi giorni on line, sul cartaceo l’uscita del pezzo è prevista per i primi di febbraio.
Se il cartello statunitense ha ispirato Zambardino, quello che è accaduto al mio collega Luca e me non è da meno. Arriviamo in aeroporto alle 2.35, 3 ore prima del volo. Prima di accedere al chek-in, bisogna far controllare tutti i bagagli (ma, a dire il vero, gli israeliani sembrano più efficienti dell’Immigration statunitense). In coda, veniamo “intercettati” da due addetti, un ragazzo ed una ragazza che avranno avuto la nostra età: li dobbiamo seguire.
Ci separano, in realtà siamo a dieci metri l’uno dall’altro e riusciamo a vederci e scambiare qualche parola. E qui iniziano le domande: chi siete, cosa siete venuti a fare, chi ha pagato, dove siete andati, cosa avete ricevuto, da quanto vi conoscete, per chi lavorate e così via. Quarantacinque minuti di domande.
Il lato comico? Di tanto in tanto, i due addetti si allontanavano e parlottavano. Poi tornavano e riattaccavano con le domande, ma solitamente la prima affermazione era un “Il tuo amico mi ha detto che [x], come mai tu prima mi hai detto [y]?”. Alla fine i due hanno sentenziato: “Ok, potete andare, il 90% delle vostre risposte sono compatibili“. Al che abbiamo pensato ad uno scherzo, e ce ne siamo andati. Altro che cartello, caro Zambardino 🙂
(Per la cronaca, abbiamo poi dovuto passare il controllo bagagli, il controllo passaporti, il check-in e infine il metal detector: arrivati al gate esattamente 2 ore e 10 minuti dopo l’ingresso in aeroporto).
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