Come fa notare Raffaele, il New York Times introduce il concetto di Web 3.0.
Il Web 2.0 è, seppur concetto vago, inquadrabile come strumento che permette di usare più piattaforme “incrociandone” i dati. Insomma, un incontro di dati e piattaforme per creare nuovi servizi.
The classic example of the Web 2.0 era is the “mash-up” — for example, connecting a rental-housing Web site with Google Maps to create a new, more useful service that automatically shows the location of each rental listing.
Secondo il NYT, il Web 3.0 è invece il Web semantico: trovare le informazioni, anche le più banali, in maniera rapida ed efficace. In altre parole, data mining che funziona bene.
In contrast, the Holy Grail for developers of the semantic Web is to build a system that can give a reasonable and complete response to a simple question like: “I’m looking for a warm place to vacation and I have a budget of $3,000. Oh, and I have an 11-year-old child.”
Forse un passo indietro come complessità, ma un passo in avanti nella facilità d’uso. In attesa dell’ennesima definizione… a quando il Web 4.0?
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