Bello il titolo del pezzo di Eugenio Occorsio su Repubblica Affari&Finanza di oggi: “YouTube vittima del modello YouTube, ora è un business e nulla può più essere free”.
Bello non tanto perchè racconta della lite con Viacom (la società accusa YouTube di aver messo on line 100mila video protetti da copyright e ora chiede 1 miliardo di dollari, oltre alla rimozione dei video), ma perchè ricorda che qualsiasi modello di business – bello, brutto, nuovo, vecchio, di prodotto, di servizio, di start-up, di azienda consolidata, … – necessita alla fine della fiera di qualcuno che paghi il conto.
Prendiamo proprio YouTube: prima che fosse acquisito da Google, il modello di business non era certo così chiaro. YouTube, senza gli enormi finanziamenti che ha ricevuto dalla nascita ad oggi, non avrebbe potuto permettersi i milioni di euro di banda segnati sulla bolletta mensile. Poi arrivata Google che, grazie alla pubblicità, promette di creare un modello economicamente sostenibile per tutti.
Lo stesso discorso vale per decine di start-up oggi sulla bocca di tutti. Fon, la società spagnola che punta a dare connessione gratuita WiFi a tutti gli iscritti, vive oggi grazie ai finanziamenti ricevuti in chi crede che possa prima o poi portare soldi. Twitter, ora sulla cresta dell’onda (a proposito, leggendo Mante ho scoperto questa), non mi pare avere un modello di business sostenibile nel breve. L’elenco potrebbe andare avanti, ovviamente.
Insomma, bello il titolo di Occorsio perchè ci fa tornare con i piedi per terra: il passaggio dall’unopuntozero al duepuntozero non ha certo modificato il peso delle bollette. Qualcuno, a fine mese, deve comunque saldare i debiti.
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