L’antefatto: Barbara porta il proprio bimbo autistico al Carrefour di Assago, alle porte di Milano, per vedere il tour delle auto di Cars. Qualcosa non va come dovrebbe, l’ingranaggio si inceppa e ne viene fuori una pessima figura per Carrefour. Della vicenda ne fa un post che in pochi giorni crea una blogstorm.
Scrive Luca:
Credo che questo caso insegni che un marchio non è nulla se non le persone che lo rappresentano. Non serve, per smettere di piangere, che i responsabili, il fotografo e la hostess, siano puniti. Perché non sono evidentemente responsabili: in un certo senso, sembrano incapaci di intendere e di volere. Sono il frutto di un meccanismo che li domina e li ha disumanizzati. Se i manager che guidano il Carrefour vogliono fare qualcosa di bello, dovrebbero smettere i panni del loro ruolo e andare da Barbara e parlarle, e cercare di capire, e dimostrare la loro solidarietà di persone. Perché siamo tutti persone schiacciate da un meccanismo che ci identifica con il nostro ruolo e ci disumanizza. E l’unica salvezza è saper uscire da quel ruolo e dimostrare che il meccanismo non ci domina, che lo sappiamo guardare da fuori e valutarne il giusto valore. E se anche il fotografo e la hostess volessero dare un segno di umanità, andando a trovare Barbara, quello sarebbe un bel gesto.
Interessanti anche le osservazioni di Enrico:
Al di là del fatto che Carrefour sia stato il diretto responsabile dell’accaduto o meno, non mi sembra ci siano dubbi sul fatto che dal punto di vista della gestione della reputazione, era Carrefour che doveva “rispondere”, e la risposta, a mio parere, doveva essere più veloce e più consona all’ambiente in cui la protesta si è sviluppata, ovvero la blogosfera. Come ho già scritto, la cosa migliore sarebbe stata che un alto esponente di Carrefour postasse un commento sul blog di Barbara.
Ha ragione Luca: comunque vada, il caso farà scuola. Perchè come ho avuto modo di dire in questa intervista, bisogna metterci la faccia. Velocemente, senza nascondersi dietro un comunicato (che, per altro non ho trovato nonostante se ne parli), senza rimanere dietro un marchio.
Barbara è una mamma con il suo bambino, Carrefour non può restare un marchio dietro un comunicato stampa: per rispondere, deve diventare per forza di cosa una persona, con un nome, con un volto, con un’opinione. Difficile? Sì, ma necessario.
Ps: un plauso a Mattel, unica azienda intervenuta; meno bene Disney (che organizzava la manifestazione ‘ospitata’ da Carrefour) e l’agenzia che operativamente ha gestito la manifestazione (igtime?).
by Mademoiselleanne
17 Set 2008 at 19:02
Il problema è che poi, passata la sfuriata iniziale, nessuno si ricorda più di niente e alla fine resta il comunicato stampa in cui si chiede scusa. E basta. Non restano, almeno nella mente dell’utente medio, i commenti, le considerazioni e altro.
Resta tutto scritto, questo sì, ma ho la terribile sensazione che la foga iniziale si stia spegnendo e che a breve della storia di Barbara si saprà sempre meno e si sentirà sempre meno l’esigenza di saperne di più
by Massimo Cavazzini
17 Set 2008 at 22:40
Ovviamente sono d’accordo, ma questo credo sia l’effetto di ogni notizia: dopo il picco, pian piano l’interesse scema. forse la fortuna del web è anche questa: fungere da enorme archivio storico, dove anche tra uno due o cinque anni potrai leggere e farti un’opinione di cosa è successo.