La prima telco ad avere l’idea è stata H3G (3 Italia), seguita da Wind: conferire in una newco il business delle torri (i ripetitori di telefonia) e affittare dalla newco i tralicci. Il tutto ovviamente per fare cassa subito e risparmiare in futuro. L’idea H3G-Wind è piaciuta, tanto che la prima operazione «straordinaria» dell’amministratore delegato di Telecom Franco Bemabè potrebbe essere la vendita delle torri Telecom.
L’anticipazione arriva dal Financial Times (ripresa oggi dal Corriere), secondo cui le due società interessate potrebbero essere Atlantia (che nella gara H3G-Wind era stata affiancata da Merril Lynch ed era poi uscita) e Dmt, con la supervisione della banca d’affari Rotschild (la stessa della gara H3G-Wind e la stessa da cui arriva Bernabè).
Scrive il Corriere:
Telecom ha quasi 15mila torri e ha bisogno di capitali: le torri valgono tra i 4 e i 5 miliardi di euro. Dmt (Falciai) possiede già 1400 torri, Atlantia (Benetton) 227 siti: conferendo gli asset a Dmt, la famiglia Benetton diventerebbe diventerebbe socio di una delle maggiori «tower company» europee.
Due le ipotesi: Atlantia potrebbe entrare in Dmt e poi partecipare alla gara Telecom, oppure entrare in Dmt nel momento esatto dell’acquisto. Il nodo è il valore degli asset conferiti: in Borsa Dmt vale 252 milioni, Atlantia ha meno siti ma dalla sua la copertura di autostrade e gallerie.
I 4 miliardi necessari per pagare Telecom? Potrebbero arrivare anche dalle banche o, citato praticamente sempre quando si tratta di compravendita di infrastrutture, il fondo F2i di Vito Gamberale.
Il tempo dirà se l’ipotesi vendita delle torri sia reale o meno perchè, come ha scritto ieri Stefano, di tutti i pezzi sul futuro di Telecom Italia usciti nei giorni scorsi non ce n’è uno uguale.
by Giusva Iannitelli
10 Set 2008 at 15:56
Mah, da un lato pesa l’affermazione di Wind che, trovatasi un ottimo semestre, sembra voglia uscire da questa affaire (da notare che, anche loro, millantano una imminente messa in vendita di 3italia), dall’altro sarebbe auspicabile una grande sola cordata che, in cambio di tanto cash, gestisca in modo univoco la rete.
In un colpo solo, l’arguzia degli operatori arriverebbe dove non è arrivata la legislazione: minor ridondanza di ponti radio, riciclo di quelli superflui per aree estremamente disagiate o ad alta densità, e tanto denaro sonante in cassa.
Chissà, magari potremmo seguire l’insegnamento di alcuni paesi più nordici d’europa, che lavorano già a regime con “rete unica”.
Probabilmente questo è un argomento di quelli che io definirei “cardine”, perché se ne potrebbe parlare a lungo senza arrivare mai a decidere quale potrebbe rivelarsi la scelta più saggia.