L’economia del gratis non funziona come modello di business a sè stante.
Ad affermarlo è Chris Anderson, il ‘teorico’ della coda lunga (teoria recentemente attaccata da Harvard), che dalle pagine del Wall Street Journal spiega perchè il free non è così sexy. E lo spiega proprio in occasione dell’uscita del suo libro dal titolo – ma va? – Free. La conclusione è di per sè banale, perchè chiunque sa che nel mondo dei beni materiali se non si coprono i costi si chiude baracca.
Nel mondo dei beni digitali però, dove i costi di copia e distribuzione sono tendenti a zero, si è fatta largo l’idea del gratis sempre e comunque:
Over the past decade, we have built a country-sized economy online where the default price is zero — nothing, nada, zip. Digital goods — from music and video to Wikipedia — can be produced and distributed at virtually no marginal cost, and so, by the laws of economics, price has gone the same way, to $0.00. For the Google Generation, the Internet is the land of the free.
Vero, ma forse il cambiamento (il famoso ‘dal free al fee’) è iniziato, almeno nella testa dei manager, dopo lo scoppio della bolla nel 2001. Allora, le società di oggi si trovano davanti a strade diverse da quelle di un tempo:
What about those companies trying to build a business on the Web? In the old days (that would be until September of last year) the model was pretty simple. 1. Have a great idea. 2. Raise money to bring it to market, ideally free to reach the largest possible market. 3. If it proves popular, raise more money to scale it up. 4. Repeat until you’re bought by a bigger company.
Now steps 2 through 4 are no longer available. So Web startups are having to do the unthinkable: come up with a business model that brings in real money while they’re still young.
Quello che accade a molte start-up: l’idea non basta più per raccogliere soldi, serve dimostrare che si può essere profittevoli ed esserlo in tempi brevi (chiunque abbia tentanto un pitch ultimamente lo sa bene). Il modello basato sulla sola pubblicità può funzionare per pochi, ma per gli altri?
The psychological and economic case for it remains as good as ever — the marginal cost of anything digital falls by 50% every year, making pricing a race to the bottom, and “Free” has as much power over the consumer psyche as ever. But it does mean that Free is not enough. It also has to be matched with Paid. Just as King Gillette’s free razors only made business sense paired with expensive blades, so will today’s Web entrepreneurs have to not just invent products that people love, but also those that they will pay for. Not all of the people or even most of them — free is still great marketing and bits are still too cheap to meter — but enough to pay the bills. Free may be the best price, but it can’t be the only one.
Il free, senza il fee, non basta. Il gratis può essere il prezzo migliore, ma non l’unico.
Nella scia di commenti, ce n’è uno che mi ha colpito particolarmente, soprattutto per la domanda finale:
I think the cable TV model should be looked at:
You pay the cable company for monthly service. Then the cable company pays TCM, CSPN, etc., a dollar or two per subscriber. Why? Because without content you wouldn’t subscribe for cable service. The analogous situation with the web is the ISP. They collect revenue for web access. Then they should pay WSJ, NY Times, and other content providers for the same reason., i.e., if there were no content why would you use the web?
In effetti a leggerla così non fa una piega: che ne pensate?
by Adriano
01 Feb 2009 at 01:51
le major musicali hanno cominciato … (gregori parla!)
esempio minimale l’album dell’ultimo cantante in bundle col telefonino.
adr
by gottama
02 Feb 2009 at 18:59
E’ vero, il gratis non funziona, ma i “clienti” pretendono sempre più servizi (e contenuti) a costo zero.
Peccato che a costo zero la qualità di ciò che gli viene fornito tende appunto a zero e non ha basi durature. In qualche modo dobbiamo tutti abituarci al fatto che la qualità si paga.
by Andrea Grassi
04 Feb 2009 at 00:12
Sono il primo a desiderare che il contenuto di qualità trovi una compensazione equa, ma non credo che il modello per cui il broadcaster/ISP paga per inserire il canale di contenuto nel suo bouquet si possa adattare a Internet. Se i canali sono 10, 100 o 1000 si può ancora fare, ma come fai con i milioni di siti internet? Il blog di Pippo ha un valore infinitesimale rispetto a YouTube o Wikipedia, ma quello che rende internet davvero unica non sono tanto i 10, 100 o 1000 grossi siti, ma i milioni di siti di Pippo, Alice e Bob.
by Massimo Cavazzini
04 Feb 2009 at 00:33
anche io non sono convinto del modello cable-tv, ma è la domanda che mi ha colpito: internet senza contenuti non avrebbe valore. Pobabilmente la strada del freemium è quella che potrebbe essere sostenibile