Secondo una recente ricerca ComScore (via), solo il 16% degli utenti clicca sui banner pubblicitari. Un dato che sembra essersi dimezzato in pochi mesi (a luglio 2008 i cliccatori erano il 32%).
L’8% degli internauti è responsabile dell’85% dei click, segno che esiste una categoria di ‘natural born clickers‘ abituati a cliccare su tutto ciò che vedono, e una maggioranza di persone che raramente clicca sul banner.
Il banner è morto? No. Sugli spot Tv non si clicca, così come non si clicca sulla pubblicità cartacea o sulle affissioni. Ma sopravvivono. Semplicemente è necessario cambiare la prospettiva, o meglio scendere in un dettaglio di analisi che vada oltre il solo click.
“The act of clicking on a display ad is experiencing rapid attrition in the current digital marketplace,” said Linda Anderson, comScore VP of marketing solutions and author of the study. “Today, marketers who attempt to optimize their advertising campaigns solely around the click are assigning no value to the 84 percent of Internet users who don’t click on an ad. That’s precisely the wrong thing to do, because other comScore research has shown that non-clicked ads can also have a significant impact. As a result, savvy marketers are moving to an evaluation of the impact that all ad impressions – whether clicked or not – have on consumer behavior, mirroring the manner in which traditional advertising has been measured for decades using reach and frequency metrics.”
Estremizzando, è come se una campagna da 20 milioni di impression/mese avesse zero click: se scoprissimo che le vendite o la notorietà del brand (due dei tipici scopi di una campagna display adv) sono raddoppiate in quel mese, potremmo ancora sostenere che la campagna è stata un fallimento? Ovviamente no, nonostante zero click.
Da qui la necessità di sviluppare nuove metriche che vadano oltre il CTR: siamo cresciuti con il mantra ‘Internet è misurabile’, e questo rimane vero. Quello che non siamo mai riusciti a misurare con sufficiente precisione sono gli effetti che le azioni su Internet hanno al di fuori del Web (aumenti di traffico sui negozi, aumento delle vendite, notorietà del brand, cambio della percezione da parte dei clienti, ecc… tutto ciò che è ‘esterno’ al mondo telematico insomma).
Qualcuno riuscirà a creare strumenti per farlo? Saranno i clienti, gli editori o i centri media?
by Marco
13 Ott 2009 at 14:17
questione vecchia che non si risolverà in tempi accettabili. Posto a confronto con i dati di dieci anni fa, il risultato è entusiasmante. io resto del mio parere: una brutta (cattiva, criptica, sballata, dilla come vuoi) pubblicità lo sarebbe a 14" come a 37, su un volantino come su un cartellone. La differenza la fanno qualità del messaggio e bisogno del momento.
Venendo alla tua domanda: conosco gli editori e sono ancora troppo ricchi per preoccuparsi degli strumenti (anzi, a loro fa gioco il contrario: meno si può misurare una campagna più balle si possono raccontare…), non capisco perché dovrebbero farlo i clienti (sei tu che mi devi dare "dati" io spendo perché tu mi promuova/aiuti/spieghi/giustifichi), potranno farlo i centri media quando certe posizioni saranno ricoperte da persone esperte e competenti (non occorre essere nativi digitali per esserlo) e non peracottari inclini alla moda del momento (si senta offeso solo chi è stato chiamato in causa…).
Uff, ma tu questioni semplici mai eh? 😉
Ciao!
by Massimo Cavazzini
14 Ott 2009 at 07:59
le questgioni semplici le riservo per facebook et similia 😀
per il resto, io credo che il per5icolo sia proprio nel cambio di paradigma. mi spiego: siamo cresciuti con il mito dell'internet misurabiule', oggi non vorrei che questi dati spingessero chi vende spazi a forzare il cambio di metrica (quindi 'internet è misurabile ma lascia perdere i click perchè fai branding') solo per giustificare certi investimenti.
sicuramente va cambiata la metrica, perchè mezzi come la tv o la radio o l'ìaffissione non sono cliccabili, sono difficilmente misurabili (per lo meno direttamente) eppure sopravvivono e in alcuni casi – la tv – prosperano.
by Marco
14 Ott 2009 at 15:56
considerazioni ineccepibili.
allora, approfittando del fatto che qui da te siamo ben lontani da facebook, ragioniamo insieme su quali strumenti possono rivelarsi utili per uscire dalla logica corrente, quella della metrica quantitativa. Iniziamo dai Corporate blog? Perché le aziende (mediamente, sia chiaro, le eccezioni – ed i risultati ottenuti – le analizziamo in una seconda parte) li temono così tanto sino ad ignorarli completamente valutandoli "tempo perso"?
hanno idea le human resources di quanto sia utile per l'azienda l'uso appropriato di questo strumento?
Io, con cognizione di causa, vi dico di no.
Con il permesso del padrone di casa, si apre il dibattito.
Altri pareri?
Ciao!
by Massimo Cavazzini
15 Ott 2009 at 08:45
marco, dibattito aperto (speriamo solo che non sia un monologo :P)!
secondo me ci sono due ostacoli da superare pèrima che si parli di social media in azienda: l'azienda deve essere pronta ad essere più rapida e meno ingessata nella comunicazione (il che, ovviamente, non sempre è compatibile con il business: non posso dire oggi che tra tre mesi faccio una cosa, perchè leggono i clienti ma legge anche il competitor) e deve vederne i vantaggi (non tanto in termini economici – quanto fatturato in più? – quanto in termini di immagine/ingaggio di medio periodo).
Per quello che ho visto poche aziende sono davvero pronte per farlo e secondo me andrebbe fatto un monumento a chi dall'interno diffonde questa cultura (se prima non c'è all'interno, difficile che si esporti sul web verso l'esterno…).
dall'altro serve anche una cultura di chi legge non solo di chi scrive… se la 'socialità' vuol dire poter chiedere all'azienda non di migliorare (o innovare qualità, relazioni, servizi) ma solo dire "voglio questo e questo e questo gratis" non si va lontano…
by ugo paliotto
16 Feb 2010 at 14:32
Io penso che le tue giuste riflessioni non inficino la misurabilità delle comunicazioni pubblicitarie sul web, semplicemente sposta la prospettiva sulla visualizzazione più che sul CTR. In pratica i clienti opteranno per essere maggiormente visibili nelle posizioni più appetitose che offrono i vari portali e pagheranno in base al traffico medio generato dalle pagine web dove è visibile la loro inserzione. Un po' come i giornali cartacei vecchia maniera, ma con la differenza di poter disporre di strumenti che ne indichino l'efficacia in maniera inoppugnabile. Un pubblicitario che si occuopa di carta stampata è in grado di fare delle supposizioni più o meno accurate sull'efficacia di una pubblicità nella prima dello sport il lunedì dopo un derby importante, ma colui che propone contenuti sul web mostra dati di fatto e tendenze sulla singola pagina, sezione, canale, portale che dir si voglia. E' questa la differenza, a mio parere.