L’arte della propaganda politica (in inglese, spin) associata ad un sapiente uso del Web: in una parola, Spinternet. Alla ribalta dal clamoroso successo di Obama nelle elezioni statunitensi alle manifestazioni pseudo-spontanee dei Grillini, dalla rivolta dell’Iran alle manifestazioni bielorusse, fino ad arrivare al No Berlusconi Day dei giorni scorsi.
Se di Obama sappiamo ormai tutto o quasi (compreso il fatto che – a distanza di mesi – ha ammesso di non essere lui a twittare), della rivolta iraniana colorata di verde sappiamo ancora poco, mentre poco o nulla sappiamo del No BDay.
Dipinta come manifestazione spontanea nata dal basso, in realtà ha avuto la regia di Casaleggio&Associati, comunicatori di professione che curano da tempo sia la presenza Internet di Beppe Grillo sia quella, più recente, di Antonio Di Pietro. Questa la discussione su Friendfeed da cui trarre qualche spunto interessante.
Ancora più interessante la posizione di Evgney Morozov, studioso del rapporto tra Web e politica e curatore di NetEffect. Scrive Raffaele sul Manifesto:
Eserciti di blogger al soldo di governi repressivi. Facebook e Twitter come immensi database di informazioni personali ad uso dei dittatori. Una rete che diventa sempre più terreno di manipolazione dall’alto fino a trasformarsi in una piattaforma di indottrinamento, una «Spinternet» (crasi tra spin, l’arte della propaganda in inglese, e internet). Se a questo quadro si aggiunge l’acritica tendenza dei media occidentali a esaltare sempre e comunque il web come strumento di democrazia, non c’è molto da stare allegri. Eppure Evgney Morozov, studioso del rapporto tra internet e politica e autore di questo quadro fosco, difficilmente perde il buon umore e il gusto della provocazione.
Nel luglio scorso, di fronte alla platea di tecnofili che affollava l’edizione europea della prestigiosa TED Conference, si è divertito a prendere in giro il «liberalismo dell’iPod», ovvero l’idea che basta riempire un Paese di connessioni internet e gadget e la democrazia seguirà. Nato in Bielorussia, Morozov svolge attività di ricerca presso l’Università di Georgetown a Washington. Ma soprattutto cura il blog NetEffect, ospitato dal sito della rivista Foreign Policy, in cui libera il suo ironico realismo ogni qualvolta sente odore di illusioni cyber-utopiste. A cominciare dal caso più clamoroso degli ultimi tempi, la rivoluzione verde iraniana. «Il ruolo di Twitter è stato ampiamente esagerato», spiega al manifesto con cui ha accettato di condividere le sue analisi sull’evoluzione delle tecniche di propaganda governativa in rete. «Prima delle elezioni in Iran gli utenti del servizio erano solo 20 mila e molti di questi erano iraniani che stavano fuori dal Paese».
Internet al servizio della politica: il confine tra buoni e cattivi, tra vero e falso, è sempre più labile. L’astroturfing – pagare gruppi di persone perchè parlino bene di un determinato prodotto/servizio/persona – è poca rispetto alla Cina, che ha assoldato ‘il partito dei 50 cents’: migliaia di finti blogger che intervengono nelle discussioni on line (pagati dal Governo) per indirizzarle. Da strumento di democrazia esaltato dai media occidentali, insomma, il Web può anche diventare strumento di controllo e diminuzione del dissenso.
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