Roberto Venturini su Apogeo affronta il tema della difficoltà che i brand con target trasversali possono incontrare facendo pubblicità:
“Ora, se parlo ad un target “basso”, certe volte è proprio necessario fare pubblicità nazional-popolari o peggio. Se avete presente certe pubblicità di talune compagnie telefoniche, avrete notato che sono criticatissime. Soprattutto in rete. Dal target che trovo su internet. Ma – e ve lo dico dal basso di 25 anni di esperienza nel campo – se certe campagne che a noi che stiamo in rete fanno ribrezzo continuano a essere messe in onda con grandi budget. Il problema non sono le campagne, siamo noi. Perché in media le aziende non buttano i milioni di euro dietro a campagne che non fanno vendere. Quindi vendo in basso e forse mi alieno chi sta più in alto nella piramide.” [via]
by Alessandro Cappellotto
20 Set 2010 at 23:06
Vero. Aggiungo: attenti allo snobismo culturale. Attenti a vedere il mondo dalla propria prospettiva, a fare delle proprie preferenze la preferenza della maggioranza, del proprio gruppo di riferimento il focus group universale, come se il proprio pensiero, corroborato da qualche like, fosse rappresentativo del consenso autentico e giusto. Attenti a fare, dell’opinione prevalente sui social più cool, l’Opinione (fenomeno evidente su Friendfeed ad esempio). Forse, in alcuni casi, non è nemmeno vero che su internet la marca deve essere “moderna”, fare interazione, parlare alto e bene. Internet è iper-frammentato, è una marea di cose differenti, opposte, irriducibili, inconciliabili. In certi casi anche questa spinta alla marca conversazionale è un’esigenza sollecitata dalle elite, magari non così sentita, almeno non ovunque, non per tutte le marche, nè certamente per tutti gli internet users. Questo senza nulla togliere all’importanza, da cui non si torna più indietro, dell’approccio dialogico alla comunicazione che la rete ha creato. Nonostante le semplificazioni dell’articolo – e anche di questo mio commento – il senso è chiaro, lo condivido. Credo comunque ci siano esempi di marche di largo consumo non schizofreniche, che hanno nel loro dna le caratteristiche ideali per questo momento storico. Mi viene in mente IKEA.