Fare il venture capitalist non è certo un mestiere facile. Negli ultimi anni, però, è ancora più difficile.
Guardando il grafico di Mark Sutter (NB: non è chiaro quale sia la fonte dei dati, nè cosa includa tra IPO, M&A, etc ma non è un problema ai fini del ragionamento, i dati NVCA sono di aiuto) sulle ‘exit’ superiori ai 100 milioni di dollari, è chiaro che dopo la bolla del 2000 il mercato ondeggia: pur con 84 exit nel 2007 e 74 exit dello scorso anno, la tendenza è al ribasso rispetto agli anni d’oro.
Su circa 1000 investimenti early stage ogni anno, una percentuale tra il 5 e il 10% (con punte negative del 2-4%) ha uscite sopra i 100 milioni di dollari. Se consideriamo che i round A di finanziamento sono – a spanne – attorno ai 20 milioni di dollari, è chiaro che si tratta di un rischio altissimo. E non sostenibile.
Puntare 20 milioni su una start-up sapendo che solo il 5% delle puntate darà i suoi frutti è rischiosissimo. Lo dice chiaramente un noto Venture Capitalist, Mark Wilson, che con un esempio spiega il tutto in maniera chiara. Venti investimenti da 20 milioni vuol dire investire 400 milioni. Un solo investimento darà una exit superiore ai 100 milioni… anche immaginando che quella exit sia da 250 milioni, significa avere un business model che non è sostenibile perchè si investono 400 milioni per ricavarne 250.
La soluzione? Da un punto di vista del VC, abbassare il round A: 20 investimenti da 10 milioni significa 200 milioni investiti e 250 ricavati. Il (mio) dubbio è però questo: dimezzando il valore del round A, siamo sicuri che le exit sopra i 100 milioni rimangano il 5%? Round A da 5-10 milioni non sono così infrequenti in Silicon Valley ma le exit sono meno frequenti e di minor importo.
Il (mio) secondo dubbio è se una serie di exit più piccole (30-40 M)possa comunque creare un modello sostenibile sia per le start up sia per i venture capitalist.
Sarebbe curioso conoscere l’opinione dei VC italiani, ad esempio quella di Gianluca Dettori che con la ‘sua’ dPixel ha annunciato poche settimane fa una exit (qualche opinione è già in questa intervista) o H-Farm. Se prendiamo uno dei progetti più chiacchierati della rete – Working Capital di Telecom Italia, che si pone come obbiettivo quello di promuovere la creazione di startup… non un vero e proprio VC – e guardiamo il numero di exit di qualsiasi importo scopriremo che fare innovazione concreta (ovvero non misurare il ritorno di immagine o idee ma la ricaduta reale sul sistema) è difficile.
Che ne pensate?
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