“I video che verranno pubblicati saranno pagati secondo un tariffario da definire volta per volta sebbene, per un increscioso malinteso, siano circolate in rete voci totalmente infondate che facevano riferimento a minimi molto bassi .”
E così anche Repubblica non si sottrae al “non avete capito voi”, anziché ammettere che i termini del nuovo Repubblica Reporter sono una presa in giro.
Nella prima stesura delle condizioni, chiunque postasse materiale su Repubblica avrebbe ceduto i diritti di sfruttamento per un massimo di 5 euro (“in caso di selezione del Filmato ed esercizio dell’opzione da parte della Società, la Società Le riconoscerà l’importo lordo minimo di Euro 5,00 (cinque/00) per ciascun Filmato che sarà stato selezionato dalla Società”).
Dopo le polemiche, Repubblica fa marcia indietro e dice che c’è stato un errore e che i filmati verranno pagati. Quanto? La toppa è peggio del buco, con una frase arzigogolata che non dice nulla: “I video scelti saranno retribuiti secondo un tariffario definito di volta in volta a seconda del tipo di ingaggio”. Ovvero le condizioni diventano le seguenti: “In caso di selezione del Filmato ed esercizio dell’opzione di cui al precedente art. 1.1. e solo nei casi in cui sia previsto un corrispettivo per l’acquisto (c. d. Call a pagamento), su specifici ingaggi, verranno valutate specifiche retribuzioni variabili a seconda del video richiesto. Pertanto, con il presente Accordo, Lei dichiara espressamente di non aver null’altro a pretendere dalla Società, né da alcun terzo, oltre al corrispettivo sopra previsto”.
(Ri)traducendo in italiano la frase legalese, significa che se è previsto un pagamento – il che, ovviamente, non significa che sia previsto – questo sarà esplicitato di volta in volta. E infatti i primi due temi su cui Repubblica chiede contributi hanno un prezzo di ingaggio pari a… zero euro.
In sintesi, chi decide di postare materiale su repubblica cede i diritti di sfruttamento gratuitamente, in cambio del nulla. Un passo comunque avanti rispetto alla tecnica usata da Repubblica (e altri giornali on line) di prendere video da fonti esterne – ad esempio YouTube – e inserirle a marchio Repubblica sulla propria piattaforma in barba a qualsiasi etica e regola, senza per altro citare la fonte.
Massimo Russo – responsabile sviluppo prodotto divisione digitale L’Espresso -scrive che scrivere 5 euro è stato un errore, che sarà indicata di volta in volta la somma a disposizione e che “in ogni caso non si tratterà mai di somme minime come cinque euro”. Dice la verità, nella repubblica delle banane i diritti del materiale vengono ceduti a zero euro come nei due temi appena lanciati.
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