E’ ufficiale: Google ha scelto Android Auto™ come nome commerciale del software che permetterà di ‘replicare’ alcune delle funzioni degli smartphone Android sugli schermi delle automobili. Fino ad oggi la tecnologia era conosciuta tra gli addetti ai lavori come Google Projection Mode o Google Automotive Link, ma ovviamente a Cupertino vogliono sfruttare al massimo la diffusione del marchio Android.
La Connected Car è realtà e i colossi del software cercano di entrare prepotentemente in un mercato che, ad oggi, ha visto il proliferare di soluzioni proprietarie senza che ne ermergesse uno standard unico e utilizzato dall’industria automotive. Tra i marchi che si aggiungono all’alleanza Google ci sono quelli di Fiat-Chrysler, il gruppo per cui lavoro.
E’ un tema che seguo da ormai un paio di anni con il ‘cappello Uconnect’, sia con le soluzioni proprietarie già esistenti sul mercato (si veda, ad esempio, questo comunicato della scorsa settimana) sia con soluzioni standard di mercato: oltre al già citato Android Auto, c’è il veterano MirroLink del Connected Car Consortium e il CarPlay di Apple visto ad esempio sulla Ferrari al Salone di Ginevra 2014.
Ogni soluzione ha pro e contro, com’è ovvio in un mercato nascente che da un lato deve ancora mostrare il valore ai clienti (un aspetto, però, è già chiaro: integrare con qualità automotive lo smartphone può aumentare la sicurezza e l’affidabilità) e dall’altro deve ancora trovare una soluzione di equilibrio tra i produttori di auto e quelli di sistemi operativi per smartphone.
Chi predice la fine dei sistemi di infotainment secondo me sbaglia: i PND alla TomTom non hanno ucciso i navigatori integrati, e gli smartphone non hanno ucciso i PND. La moltiplicazione delle nicchie crea nuovi spazi e nuovi segmenti, più che distruggerli in toto. Certo, il mondo cambia e anche velocemente, ma i primi risultati della trasformazione richiedono un paio di anni di assestamento per diventare giudizi solidi e con risultati dimostrabili.
Che il cliente si aspetti di usare in tutto o in parte i servizi e le app dello smartphone anche mentre guida è fuori discussione. Che sia pronto a pagare per farlo, è da dimostrare. Che passare da un’interfaccia grafica automotive ad una simil-smaprtphone sia gradito e user-friendly è una sfida, ma non l’unica. Di chi sono i dati del guidatore? E quelli dell’auto? Chi ha la responsabilità di fornire funzionalità e interfaccia sicure alla guida, il costruttore d’auto o il produttore di software? Quali i requisiti minimi perchè l’esperienza del cliente sia soddisfacente, considerando che è abituato agli smartphone e ai tablet e che i sistemi di infotainment dell’auto – un po’ per cultura un po’ per garantire affidabilità – sono spesso una o due generazioni indietro? Se accettiamo che il tablet si riavvii ogni tanto o che un’app vada in crash, siamo pronti alla stessa esperienza in auto? Se accettiamo che il tablet a -15 o + 40°C non funzioni o funzioni peggio, siamo disponibili ad accettarlo anche quando saliamo in auto? Quale sarà il modello di business sostenibile per tutti?
Domande a cui l’industria dovrà dare risposta, in un biennio (2015-2016) in cui coesisteranno sul mercato decine di soluzioni diverse. Io, che nuoto in questo mare, non posso che aspettarmi tante discussioni e tanto divertimento 🙂
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