La riflessione parte da questo tweet di Vincos, che con Blogmeter ha misurato “i migliori brand” sui social durante il mese di ottobre 2014. Il dubbio che ho è se misurare a quanti tweet un brand risponde o con che velocità risponde sia un indicatore sufficiente per dire che un brand è meglio di un altro sui social. Ovviamente no.

Nel 2009, quando il social caring non era ancora diffuso nè dato per scontato in Italia, insieme a quello che all’epoca era il mio team in 3 Italia iniziammo a lavorare sull’assistenza via social media. Devo dire che, almeno per le dinamiche aziendali, siamo stati pionieri: un team dedicato al nuovo sito (l’attuale Tre.it), un team social media (le persone che ci lavoravano sono adesso sparse tra Wired, Google, Twitter e Groupon… segno che tanto male non abbiamo fatto), un team di web analytics per guidare (anche ma non solo) gli investimenti in pubblicità on line e costruire un database per le DEM.

Ci accorgemmo presto (Maurizio prima e Salvatore poi lo ricorderanno bene) che oltre che produrre contenuti interessanti il lettore/cliente social voleva poter utilizzare il mezzo anche per effettuare segnalazioni e ricevere assistenza. Ma non eravamo pronti, nel senso che non esistevano processi strutturati e un team di customer care dedicato, per cui si navigava a vista cercando di gestire tutto e più in fretta possibile (che commenti e lamentele non gestite potessero provocare blogstorm ce ne eravamo accorti presto…). Poi sono arrivati im team social dedicati, l’assistenza via social è entrata a far parte delle best practice e insomma siamo alla situazione attuale dove qualsiasi cliente ha l’aspettativa che una telefonata al customer care o un tweet siano bene o male la stessa cosa.

twitter_windEcco perchè rimango sempre incuriosito dalle classifiche sulla quantità delle risposte che i brand danno (una misura dell’interazione?) e sulla velocità di risposta (una misura dell’efficienza?) senza che si sia ancora riusciti in maniera strutturata e convincente a misurare la qualità delle risposte. Se scrivo ad un brand sui social network e la risposta è “ti facciamo sapere”, anche se arriva dopo 15 millisecondi il valore si avvicina allo zero. E’ positivo perchè lancia un segnale (“Ti ho ascoltato e prendo in carico la richiesta”), allo stesso tempo genera un’aspettativa che se non soddisfatta aumenta la frustrazione più di quanto non se ne generi nei casi di non risposta.

Una decina di giorni fa ho chiesto a Wind se esistesse un modo per fare l’upgrade di una ADSL da 7 a 20 Mbps, considerando che tutte le nuove offerte Wind – per lo stesso canone che pago io oggi – includono una 20 Mbps. Avendo avuto nelle ultime settimane problemi di lentezza della connessione, vorrei sapere se sia possibile passare ai 20 Mbps, sperando che la connessione diventi un po’ più veloce.

Sul sito non ho trovato nulla, per cui ho provato a rivolgermi ai canali social. Velocissima la risposta di Wind, arrivata nel giro di qualche ora per di più in un giorno festivo. “Ti facciamo sapere”. Siccome non mi hanno fatto sapere, ho provato anche a ‘sollecitare’ e solleticare una risposta l’11 dicembre, ma stavolta non c’è stata nemmeno la risposta standard “ti facciamo sapere”. Solo silenzio.

Sono passati quasi dieci giorni, e sto ancora aspettando. Non ho chiesto qualcosa di complicato (la gestione di un problema tecnico o commerciale può richiedere prove, verifiche, interazioni multiple… la risposta ad una domanda commerciale dovrebbe essere disponibile ‘a scaffale’) eppure la risposta non è arrivata. Ecco perchè velocità e quantità di risposte non sono tutto: la qualità della risposta deve essere al centro di una strategia social, non è un nice-to-have che ci si può dare come obbiettivo secondario.

UPDATE 16 dicembre ore 19
Il servizio clienti Twitter di Wind mi ha contattato e fornito la risposta (per altro positiva: se la linea lo supporta, la velocità dell’ADSL sarà aumentata in automatico).

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