Per tinteggiare le pareti di casa ho smesso da un po’ di fare da solo. Quando è ora, mi affido ad un professionista con la garanzia di un risultato migliore, più veloce e senza “sprecare” giorni di vacanza per farlo io.
E’ sempre difficile quale sia il prezzo equo, anche perché spesso i preventivi variano del 50-60% tra loro ed è difficile capire la motivazione di certe differenze.
Questa mattina il decoratore ha ricevuto una telefonata. Era un noto sito di coupon che chiedeva se era interessato a “emettere” coupon a 89,9 euro Iva inclusa per tinteggiare una stanza: colore bianco, due mani, sistemazione di piccole imperfezioni del muro. La società si sarebbe preoccupata di preparare il coupon, distribuirlo agli iscritti alla newsletter e trattenersi il 30% del prezzo del coupon stesso.
Quindi, a spanne, 50 euro Iva esclusa al professionista per tingere le pareti e 25 euro Iva esclusa alla società di coupon. Una latta di vernice bianca costa tra i 30 e gli 80 euro, poi ci sono i pennelli o il rullo o entrambi, lo scotch per schermare, il feltro da mettere sul pavimento per non sporcare, i “teli” per coprire eventuali mobili, il macchinario per miscelare acqua e vernice, l’auto per arrivare sul posto di lavoro. Più la manodopera, tra schermare stuccare dare le due mani di bianco e ripulire minimo – e sottolineo minimo – servono una giornata o due.
Il decoratore ha rifiutato, ovviamente. Ma a me è rimasto il dubbio di quale sia la motivazione di chi accetta (sono certo ce ne siano). Si tratta evidentemente di un lavoro sottocosto dove a malapena ci si ripaga il costo della vernice.
Si tratta di un lavoro che non genera fedeltà a breve termine (voglio dire, una pizzeria può decidere di offrirti una pizza gratis perché dalla settimana dopo tu possa diventare cliente abituale, ma un imbianchino non ha la stessa speranza).
Si tratta di un lavoro in cui ci sono parecchi costi vivi, dunque la sola volontà di “lavorare gratis” non esiste (ammesso che ci sia qualcuno che per avere clienti nuovi possa permettersi di regalare il proprio lavoro).
Si tratta di un’attività dove i margini non permettono di comprimere i costi (un capo di abbigliamento scontato del 50% continua a generare un margine elevato – attorno al 30% – per il negoziante).
L’unico vincitore è l’intermediario: per ogni coupon venduto incassa la percentuale, scaricando le perdite sull’artigiano. Ha senso? E’ sostenibile?
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