Bene, adesso che la tempesta Skypephone sembra essersi trasformata in pioggerellina e che chi sparava a zero si è reso conto che forse aveva preso un abbaglio, posso tornare a scrivere di ciò che è successo negli ultimi giorni.

Non tornerò a parlare di prodotto, di contratti, di assistenza clienti: quello l’avevo già fatto – credo in maniera più che esaustiva – parecchi giorni fa. Vorrei invece fare una riflessione a voce alta sulla “sindrome da Robin Hood” che ha colpito in questa occasione la blogosfera italiana. La citazione è da Roberto D’Adda, che non ho il piacere di conoscere ma mi trova perfettamente d’accordo quando scrive:
Credo che un sociologo potrebbe fare un lavoro molto migliore del mio nell’analisi del fenomeno. io credo che ci sia lo zampino di quel Robin Hood che c’è in tutti noi, tra ricco e povero scegliamo istintivamente di difendere il povero ed allora quando si incontrano un Davide e un Golia si prendono istintivamente le parti di Golia senza entrare troppo nel merito della contesa. Colpisce anche il fatto che ci siano blog anche molto blasonati che continuano a gridare allo scandalo senza minimamente citare le successive precisazioni. Il “giornalismo dal basso” è certamente un fenomeno interessante e bellissimo, ma forse ci si dovrebbe ricordare che sempre di giornalismo si tratta: nel giornalismo la correttezza della informazione e la onesta verifica delle fonti restano fattori fondamentali.

Stessa lunghezza d’onda per Mante, con cui abbiamo scambiato via blog alcune opinioni sullo Skypephone e con cui condivido l’analisi:
Leggo cosi’ il post in questione su un blog che non ho mai visitato prima nel quale si racconta degli inghippi contrattuali e pubblicitari dello Skypephone (con alcuni dubbi interessanti e qualche eccesso) e forse perche’ ho un po’ di esperienza in fatto di “sindrome da sdegno sui blog” (mi e’ capitato spesso di esserne vittima), passo avanti. Gli operatori telefonici del resto sono riusciti a costrursi negli anni una pessima fama e noi poveri clienti siamo disposti a credere a qualsiasi ulteriore malefatta da parte loro nei nostri confronti appena questa viene anche solo lontanamente sospettata. Capita pero’ che molte persone abbiano dato credito immediato e completo al post in questione, un credito che forse non meritava: arrivi, leggi una cosa di quel tipo su un blog che non conosci, ti infervori e lo linki. In questo modo i meccanismi sociali su cui basiamo la nostra idea di reputazione in rete vengono bypassati. Cio avviene almeno parzialmente, se non altro perche’ il medesimo post offre anche moltissimi commenti che criticano e mettono in dubbio le affermazioni contenute. Ognuno si fa una propria idea insomma (anche se secondo me il fattore determinante e’ che Tre ha accumulato negli anni una pessima fama fra la propria clientela) ma i meccanismi di propagazione in rete prescindono assai dal contesto sociale che e’ invece quello che normalmente ci rende forti.

Interessante anche l’osservazione di Nicola:
La vicenda si presta ad alcune considerazioni. La prima riguarda la fiducia: non ho approfondito le testi di Francesco e non so se abbia ragione o meno, ma la maggior parte di quelli che lo hanno linkato ha dato per scontato che ci fosse la fregatura e che l’offerta di Tre nascondesse dei tranelli. Come dare loro torto? Gli operatori mobili ci hanno abituato a offerte che reclamizzano vantaggi mirabolanti e nascondono svantaggi che spesso sono assai superiori. E’ legittimo che vi sia diffidenza da parte dei consumatori e che, di fronte a qualcosa che appare poco chiari, si pensi subito male.

Verità, fama, fiducia: tre parole per descrivere bene quello che è successo.
Verità, perchè nessun dopo aver letto la documentazione, mette in dubbio che questa sia reale (ovvero, che i documenti siano sufficienti).
Fama, perchè la fama delle telco – e di quelle mobili in particolare, 3 non fa eccezione anzi – non è mai stata ai massimi livelli: tra il telco-Golia cattivo e il Davide-blogger buono, mediamente si tifa per Davide indipendentemente dalle argomentazioni.
Fiducia: collegata al punto precedente, dimostra che serve – alle aziende – costruire un maggior rapporto di fiducia con i consumatori. Della serie: ti dico delle cose, fidati perchè non ti sto fregando.

Che i mercati siano (anche, ma non solo) conversazioni come ribadisce Federico, non lo scopriamo oggi (a meno di non considerare i comunicatori aziendali degli stupidi o degli sprovveduti che non conoscono i nuovi media). E’ però davvero banale osservare che perchè una conversazione sia utile e credibile, deve basarsi su cose vere. Questo non è stato il caso, sarebbe ora di dirlo a gran voce: un ragionamento basato su informazioni false non è un ragionamento.

Sul campo di battaglia tra i feriti ci sono sia la blogosfera sia il mondo delle aziende, entrambe le parti probabilmente (almeno, è auspicabile) trarranno alcuni insegnamenti importanti. Qualcuno si farà più male di altri (perchè, come ho scritto, ognuno può scrivere nel virtuale ciò che vuole, purché poi ne accetti le conseguenze nella vita reale… altrimenti sarebbe il far west), qualcuno non imparerà nulla. Ma questa è la vita ed è normale che sia così.

Recepire nuove modalità di interazione è un percorso lungo (in fin dei conti anche il buon Stefano sa che cambiare sesso non è facile né immediato), certo non facile, sicuramente stimolante per chi fa della comunicazione un lavoro o una passione. Io sono felice di essere tra questi 🙂

Come sempre quando tratti temi che riguardano (anche) 3, l’azienda per cui lavoro… quanto ho scritto non riflette in alcun modo le posizioni dell’azienda o dei suoi manager o degli azionisti, sono mie riflessioni da semplice utente-blogger-giornalista.

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