Ok, diciamocelo subito: twittare per passione è divertente, twittare per conto di un’azienda può (anche) essere divertente, ma di sicuro è faticoso. E’ faticoso per mille motivi. Essendo nel gruppo di lavoro del twit di 3 Italia, ne so qualcosa 🙂

Primo perchè al 99,99% non è il tuo mestiere ufficiale in azienda e quindi dovrai farlo nei ritagli di tempo (che ovviamente non hai o, se li hai, li dedicheresti volentieri alla pausa caffè).

Secondo perchè ci sarà sempre qualcuno a cui non va bene (hai detto troppo, hai detto troppo poco, sei stato troppo formale, sei stato troppo informale, ci hai messo troppo tempo a rispondere, hai risposto troppo frettolosamente). Chi non apprezza sarà molto molto molto meno numeroso di quelli che apprezzano, ma sarè molto molto molto più ‘rumoroso’.

Terzo perchè, soprattutto nei confronti del management, dovrai comunque prima o poi (a me non è ancora capitato, ma meglio essere pronti) rispondere ad una serie di domande legate strettamente al business: conviene esserci? come? con chi? per dire cosa? Bisogna aggregare altri contenuti o proporne solo di propri? Make or buy? E il ROI, quant’è?

Fatta questa doverosa riflessione, la premessa: da qualche mese ci stiamo affacciando (come molti sanno, mi occupo di marketing e vendite on line per 3 Italia) al mondo dei social media.

Con un lavoro di basso profilo, basato sull’esperienza personale di un paio di dipendenti (per pura coincidenza, tutti giornalisti con esperienza di Web) e praticamente nessuna esternalizzazione. Con l’obiettivo di sperimentare e la voglia di aprire l’azienda al confronto con l’esterno.

Con un approccio sdoppiato (sinteticamente riassumibili in account 3 Italia – l’azienda – e account La3 – la Tv digitale mobile di 3- su vari media) e mille idee per i prossimi mesi. Ai gruppi Facebook (3 Italia, La3 e fan page INQ) abbiamo affiancato la presenza Twitter (3Italia e La3) e Friendfeed. Con il tempo vedremo cosa portare avanti e come.

Non posso per ovvie ragioni scendere in dettaglio sul progetto, nè voglio esprimere pareri aziendali. Ecco perchè preferisco generalizzare, per cercare di capire insieme ai lettori di questo spazio quali siano le risposte alle domande elencate in alto.

Per quella che è la mia percezione, un account Twitter aziendale dovrebbe essere in larga parte unidirezionale real time e bidirezionale in tempi successivi, ovvero do notizie di quello che fa l’azienda, raccolgo feedback eventuali, li elaboro ma non rispondo in real time come se fosse una chat. Non credo ci siano sufficienti risorse (vedi alla voice ROI) per pretendere che l’azienda dedichi una o più persone per aggregare contenuti real time: il ‘segnalatore di contenuti interessanti’ può essere il privato, il consulente ma l’azienda, secondo me, deve principalmente guardare al mercato in cui opera e dunque autolimitare il proprio raggio d’azione ai temi ineresnti il proprio core business.

Sul tema delle risorse, come detto credo sia abbastanza utopistico pretendere che ci sia un team dedicato alla gestione dei social media (vedi sempre alla voce ROI). Io non sono contro le agenzie di Digital PR, per cui di volta in volta credo si possa valutare l’aiuto esterno: in fondo è un tema di soldi. Molti dicono che non è corretto affidare attività come twitter ad agenzie esterne, perchè la metà del tempo l’azienda lo passa a dare feedback all’agenzia… in questo scenario, i manager rispondono in maniera asincrona per forza di cose, non essendo ‘dedicati’ a quello. Credo sia accettabile, anche perchè l’eventuale agenzia dovrebbe comunque attendere un feedback dalle persone interne all’azienda. Il rovescio della medaglia è che, se non c’è un soggetto esterno, il team interno si fa carico – per passione – di un lavoro aggiuntivo che, spesso, non è riconosciuto dal management aziendale (almeno fino a quando va tutto bene).

Da ‘vecchietto della rete’, mi sembra che spesso si tenda a pensare ai social media come un prodotto finito, statico, definitivo. E di cui qualcuno ha la ’soluzione’ in tasca. Non è ovviamente così: i social media sono in continua evoluzione, le persone sono elementi dinamici (e complicati), per cui ci va la ’sterzata continua’ per aggiustare la rotta in maniera progressiva. O non si parte per paura, o si parte e a seconda delle interazioni si cambia nel tempo. Io preferisco la seconda strada.

Chi è al di fuori della grandi corporation spesso dimentica gerarchie, burocrazia, inerzia: in un periodo come questo le aziende dovrebbero assumere persone solo per stare sui social media? La risposta è banale. Credo quindi sia meglio avere una presenza vera (magari imperfetta perchè discontinua e non dedicata, ma vera) piuttosto che una presenza apparentemente perfetta ma finta. Perchè il 99,9% delle aziende italiane non twitta? La strada verso la perfezione forse non esiste, e se esiste è certamente in salita 🙂

L’ostacolo maggiore è probabilmente la percezione del valore aggiunto da parte del management: perchè stare sui social media? Perchè investire? Sono infinite le discussioni attorno al ritorno degli investimenti fatti sui social media, e nessuno – come detto – ha la soluzione in tasca. Io credo che in termini di fidelizzazione funzioni, in termini di credibilità funzioni, in termini di immagine funzionicchi. La platea però è ancora troppo limitata, anche facendo sforzi enormi su Web non si riescono a raggiungere fette consistenti di popolazione (parlo, ovvio, di prodotti di massa che non hanno nicchie così definite).

Non sono così certo che serva in termini di vendite (inutile girarci attorno, il mercato Web italiano è ancora indietro, attorno all’1% delle vendite e anche l’integrazione online-offline non può portare quell’1% così in alto da far sterzare velocemente le aziende), sebbene l’esperienza di INQ sia stata davvero positiva (campagna solo Web, attività social e on line, vendite superiori a prodotti lanciati in Tv) e quindi è possibile che il futuro ci riservi sorprese.

I dubbi, come avrete capito, sono molti. Esserci o meno non è ancora una scelta legata al ritorno economico, quanto ad una scommessa e alla passione personale. Chi crede nel Web e nel futuro della Rete, non può che essere entusiasta dei nuovi mezzi. Quando questo entusiasmo si incontra e scontra con la forza del business (le aziende sono sul mercato per fare utili, non per divertirsi), i risultati sono imprevedibili: l’unica cosa certa è la fatica di portare avanti una strategia social 🙂

Che ne pensate?

6 pensiero su “To twit or not to twit? Considerazioni sparse sul twit delle aziende”
  1. Ciao Massimo, penso che se sostituisci le parole Twitter e Social media con Sito web e Internet e metti la data indietro di 12 anni, ha una realistica fotografia di quel periodo.

    Io avevo clienti proprio così: si domandavano perché fare il sito web, perché dovevano occuparsene solo gli appassionati senza particolari riconoscimenti; ci si interrogava sul ROI con uno-due milioni di utenti che navigavano (moooolto lentamente) online, ecc.

    Credo che analizzare quello che è successo, magari accelerando il timer, possa aiutare.

    Nello specifico, proprio perché "i social media non sono un prodotto finito", l'esperienza che state portando all'interno è il modo migliore per affrontare adeguatamente il momento in cui diventeramnno parte integrante della strategia di comunicazione. Si tratta "solo" di saperla valorizzare proprio in chiave strategica e prospettica. Ecco, magari è proprio qui che un supporto esterno potrebbe aiutare… 😉

  2. ciao Mauro, 12 anni fa c'ero anche io a smanettare e sono d'accordo: riviviamo alcune dinamiche già viste, anche se il contesto (aziendale e sociale) è cambiato parecchio. L'ibrido è la soluzione che preferisco: interno per dare 'freschezza' alla comunicazione, esterno perchè serve un occhio maggiormente critico e asettico rispetto all'azienda stessa. Visto che a livello di middle management è chiaro, se lo capiscono anche i top manager siamo a cavallo 🙂

  3. Massimo, mi trovi d'accordo su tutto. Io credo che un'azienda debba prendere risorse dedicate per occuparsi della presenza dei social media. Essendo questa una attività di vera e propria di PR e anche Marketing (in un certo senso), credo che le aziende abbiano già al loro interno chi se ne possa occupare. Semmai si tratta di fare formazione, di aggiornare le competenze, di credere davvero, sinceramente, nelle potenzialità della Rete.

  4. ciao Smeerch, probabilmente l'aspetto più 'complicato è proprio convincere le aziende delle potenzialità della rete (spesso non è metti x soldi e arrivano y guadagni, per cui spiegarlo a volte è arduo). io sono cmq fiducioso 🙂

  5. Anche io sono un vecchietto della rete, anche se sto dal lato tecnico dietro le quinte. Però ho visto (e partecipato) tutta la fase del sito si sito no, a quella del sito come vetrina, e via via a oggi.
    In questo giorni sto curando, nei ritagli di tempo, una presenza sui SN per un evento di questi giorni. Lo faccio per amor di causa, in modo un po' artigianale. E' un esperimento, anche se l'idea ha trovato un supporto entusiastico presso chi decide 🙂
    Per farla breve, un (bel) po' di ispirazione sull'approccio me l'hanno data i vostri La3 e 3Italia.
    🙂

  6. Ciao Spider, quindi sei dietro le quinte da anni… bene 🙂

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