Curiosa notizia de LaStampa. In un mondo che insegue il risparmio a tutti i costi e delocalizza i call center in Paesi ‘lontani, alcuni imprenditori statunitensi si sono accorti che, con la crisi americana e il boom economico indiano, diventa conveniente riportare negli USA i call center spostati in passato verso l’India.
Fino a poco tempo fa le rotte del lavoro seguivano il percorso inverso, ma la crisi ha cambiato anche questi percorsi. Oggi sono gli indiani ad approfittare dei bassi livelli di reddito in Usa e possono già speculare sugli altri probabili tagli all’orizzonte americano. In più trasferendosi Oltreoceano riusciranno anche a sfuggire ai progressivi rincari dei salari nel proprio Paese. Qui, a differenza di quanto succede nella gran parte dei Paesi industrializzati, le paghe sono in costante crescita. Del resto l’economia indiana la crisi non l’ha quasi vista. Anzi. Nell’ultimo trimestre il Paese ha messo a segno una crescita boom che è stata più del doppio di quella americana con un incremento dell’8,6% e che, stando alle stime, proseguirà allo stesso ritmo anche negli anni a venire. Tra gli effetti della robusta dinamica c’è anche quello di un rincaro degli stipendi in molti settori. In quello dei Call-center la tendenza è già in corso: solo da gennaio c’è stato un aumento dei salari del 10% che va a sommarsi ai tanti rialzi che c’erano già stati negli anni precedenti. I callcenteristi indiani rischiano quindi di diventare troppo cari. I loro capi settore già costano più che negli Usa. [via]
A me piacerebbe leggere di Call Centers in maniera diversa, cioè luoghi in cui la dignità delle persone viene continuamente calpestata. Nell’immaginario collettivo i CC sono tutti uguali, ovvero, luoghi in cui trovi gente senza scrupoli che, soprattutto in outbound, ti piazzano di tutto in maniera indiscriminata. Ecco, qui dovrebbero intervenire i grandi gruppi per mettere paletti ovunque, perchè purtroppo ci sono realtà sane che costano tanto in termini di gestione, ma mai si sognano di prendere il cliente per il colletto e poi ci sono quelle metastasi da outsourcing al ribasso “per fortuna non sono tutti così” che stanno devastando le immagini aziendali e lo sappiamo tutti chi sono e anche come lavorano, ma se non ci mettiamo in testa di cambiare il modello dei controlli, solo perchè ci fa piacere vedere i costi “visibili” più bassi, senza capire “il sotto iceberg” allora ce la finiamo come nell’articolo. In India costa ancora tutto meno in termini di omino, ma non ci sono solo quei costi. Chiedete a Dell e alla sfortunata o solo “cieca?” voglia di tagliare i costi visibili. Risultato? Oltre al fatto che il fuso orario è importante, anche la lingua lo è, e non è vero che un indiano parla l’inglese come l’americano, perchè nei CC non lavorano professori di dizione. Poi ci aggiungiamo le competenze dirette di Customer Caring, che non sempre sono allineate al modo di fare della società. Un mix di cose che abbassano quindi la percezione della qualità del servizio. Se trovo l’articolo integrale ve lo posto. Sono stato quasi 5 anni a contatto col business Dell e vi assicuro che mi sono venuti i brividi non appena ho sentito parlare di ulteriori esternalizzazioni. La miopia del taglio dei costi è da suicidio, eppure la ricetta per la cura c’è: il 100% delle strutture di call center, di qualunque tipo esse siano, in o out, non possono demandare in maniera “teorica” la qualità a vantaggio del puro taglio dei costi. Se delocalizzi, nulla in contrario, ma se lo fai dicendo che la qualità del servizio non conta, non va bene, perchè puoi avere l’uno e l’altro. Come? Semplicemente 1-non si danno in sub appalto attività a società con meno di 50 postazioni 2-si definisce subito uno SLA da verificare ogni mese, oltre tre anomalie la commessa viene tolta 3-meglio inserire nei costi commessa un supervisore che periodicamente gira nelle strutture, o una task force anti bufala che simula di essere cliente e interviene in caso di anomalie. Insomma, chi lavora nei call centers, nei MCC e simili e lo fa bene, deve essere premiato. Le “porcate” perchè di “porcate” si tratta, che ho visto in giro in questi anni, devono essere eliminate e mi spiace che nessuno dica nulla in merito a questi Centri di Malessere che sono il frutto di un modo di lavorare sbagliato, pardon, sono proprio centri di DANNO… perchè è inutile che io investa milioni di euro in immagine e poi c’è chi se ne frega e pensa solo al proprio orticello e qui, deve essere responsabilizzato il singolo, chiamiamolo “operatore”, termine bruttissimo, perchè sminuisce molto la professionalità di chi le cose le fa con cura e perizia. I bassi costi delle esternalizzazioni, sono spesso quelli diretti, ma l’indotto dell’indiretto ha valenza nettamente superiore. Scusate il quasi sfogo, ma lavoro da 6 anni nel settore e chi lavora con me è sempre stato abituato a fare il professionista, e non allineero mai i miei ragazzi a certo ciarpame telefonico che c’è in giro. Un mea culpa lo dovrebbero fare anche quei managers che con troppa faciloneria concedono commesse a basso costo in cambio di bassa qualità, creando un boomerang di problemi che poi si ribaltano sull’unità primaria ci caring aziendale.
Egitto, pare sia quello il futuro. Personalmente in MS avevo un collega PAM egiziano ed era fantastica la sua capacità di dialogare in 5 lingue diverse con tutti i colleghi EMEA, anche se con me doveva usare l’inglese. Tuttavia, is vero, la Tunisia è in testa, ma l’Egitto è anche meglio per il discorso mutilanguage. In sud America sta emergendo l’Argentina per la lingua italiana, ma li vedo più preparati “almeno sui grandi volumi” per spagnolo e inglese. Est europa abbiamo Romania, ma anche in parte esperimenti sulla Bulgaria “non ancora ben riusciti”… in più abbiamo un bel po di casi di riflessione sul caso di riportare indietro i progetti esteri, non appena passata la crisi, perchè di fatto, molti clienti lamentano icapacità di dialogo e la normativa italiana, prevede che il punto di contatto, deve essere fatto in maniera tale che le info devono essere chiare. Non voglio incitare il garante a fare controlli in tal senso, però ribadisco il concetto che tra professionisti seri e attività mordi e fuggi “che vanno anche sotto i parametri minimi di qualità del servizio” c’è troppa differenza. A questo punto c’è da chiedersi se vale la pena perdere clienti magari stanchi di una qualità bassa o se il rischio è quello di class action. Ah, dimenticavo, Casablanca è un altro importante centro per francese, spagnolo e in parte “primi esperimenti di italiano”. Per me, chi lavora bene deve essere premiato a prescindere da in-out bound e in house o out soucing, chi lavora male, va stroncato subito senza imbarazzo alcuno.