Il Wall Street Journal pubblica dieci false convinzioni sulla privacy on line:
1) Privacy is free.
2) If there are costs of privacy, they are borne by companies.
3) If consumers have less control over information, then firms must gain and consumers must lose.
4) Information use is “all or nothing”.
5) If consumers have less privacy, then someone will know things about them that they may want to keep secret.
6) Information can be used for price discrimination (differential pricing), which will harm consumers.
7) If consumers knew how information about them was being used, they would be irate.
8 ) Increasing privacy leads to greater safety and less risk.
9) Restricting the use of information (such as by mandating consumer “opt-in”) will benefit consumers.
10) Targeted advertising leads people to buy stuff they don’t want or need.
Che ne pensate?
Max, sai che mi hai fatto venire in mente? La statistica su elementi campione. Tutte le società dovrebbero “magari alcune già lo fanno” individuare il famoso “cliente tipo” monitorarlo e avviare magari con suo consenso, tecniche sperimentali per la vendita di nuovi prodotti o servizi. Se il campione è rappresentativo, si possono evitare grossi flop. Ovviamente, pur in presenza di un campione rappresentativo, l’universo di intervento si può ampliare, per poi lanciare dopo ulteriori feedback positivi, vere e proprie operazioni su larga scala. Sulla privacy, penso che sia un terreno molto delicato e che non è assolutamente “logica conseguenza” che se io vado a vedere un dato sito, poi farò un acquisto… tanto per fare un esempio, i volumi di traffico che generano i social sono elevati e per analizzarli ci vuole un bel po di tempo e risorse, ma non è detto che quel dato sia utile informazione.. anzi, occhio a come si fa l’analisi, perchè davvero i rischi di oggi secondo me sono più ampi di quelli di ieri, sia lato normativo che proprio sulla possibilità di ottenere risultati solo facendo affidamento su di essi.
C’è una Ricerca Ernst&Young: le Telco sono vecchie e lente che ho letto su ictbusiness, che mette gli aspetti privacy al 10° posto per importanza, l’articolo è interessante perchè evidenzia anche che le cosiddette aziende Telco, fornitrici dei servizi, rischiano di passarsela un pochino male, soprattutto perchè il rischio costi è tutto sul loro groppone, mentre i contenuti della rete crescono a dismisura
Un distillato di propaganda anti-privacy, perfettamente compatibile con la visione “mercatocentrica” statunitense.
Ogni volta penso al paradosso per cui la privacy è nata negli USA e gli stessi USA non fanno nulla per tutelarla.
Quel decalogo è invece totalmente incompatibile con la visione affermatasi in Europa per cui la privacy è un diritto individuale fondamentale.
Secondo me il discorso è solo temporaneo, e me lo auguro per un Grande Paese come gli USA. Tuttavia, se non erro, la privacy è stata un pochino messa in disparte proprio dall’allora governo Bush. Maglie più larghe nella gestione delle faccende del singolo, nel nome della sicurezza nazionale. Poi, dopo leggiamo cose assurde tipo rubati centinaia di migliaia di dati personali e di carte di credito. Sinceramente resto un pochino frastornato dalla facilità con cui si mettono in giro dati, soprattutto sui social, dalla facilità con cui si accede a server di grosse aziende, che invece dovrebbero essere super tutelate. E resto anche frastornato dalle “cazzate” passatemi il termine, che fecere molti 007 e ministri britannici se non erro. Ricordate che si dimenticavano notebook in giro, altri avevano mogli che indicavano gli spostamenti via FB…hahaha alla faccia della sicurezza (anche nazionale) 🙂 la privacy è anche un modo d’essere e non basta una legge per tutelarci.