Riccardo Luna, nominato Digital Champion per l’Italia, ha fallito. In un mondo che funziona a dovere, Riccardo Luna dovrebbe quindi dimettersi, lasciare l’incarico affidatogli dal Primo Ministro Renzi e sciogliere l’associazione Digital Champions legata alla carica Digital Champion.
O, viceversa, dovrebbe essere Matteo Renzi a sostituirlo, riconoscendo che il Campione Digitale ha ingarbugliato e incancrenito a tal punto la situazione che il meglio per il Paese – non per Luna, non per l’associazione privata da lui creata e amministrata, non per i numerosi sottopancia che speravano di trarre vantaggio dalla situazione – è di avere una nuova persona con un profilo magari diverso.
Lo so, sono parole forti e daranno la possibilità a Luna di ribadire che io, dal 2008, ce l’ho con lui. Poco importa, non è questione personale anche perché il mio lavoro quotidiano non è né fare storytelling né creare start up né attaccarmi alla mammella della pubblica amministrazione per portare a casa qualche consulenza o poltroncina. Non voglio nemmeno dilungarmi sul perché l’Associazione Digital Champions ha avuto una gestione secondo me poco trasparente.
Usciamo subito dall’equivoco creato in questi mesi: Riccardo Luna NON è ”IL digitale” in Italia. Riccardo Luna NON può essere il singolo rappresentante l’eccellenza del digitale in Italia. Riccardo Luna NON è stato indicato come il portavoce dell’Italia e degli italiani attivi nel digitale. Né lui, né l’associazione da lui creata e suoi membri.
Se non partiamo da qui, non andiamo lontano. Decine, centinaia di migliaia di persone lavorano da anni in silenzio, ogni singolo giorno, ogni singola ora comprese notti e vacanze per far crescere il digitale nel Paese, senza secondi fini e in maniera più efficace rispetto a quanto visto fino ad oggi. In questi mesi, molti hanno vissuto il “Digital Champion” e la sua associazione come “élite italiana del digitale”. Non è così.
Il Digital Champion è colui che “lead innovative projects in ICT education, digital inclusion, access and e-government. Many actively promote the development of digital skills and entrepreneurship by young people, helping tackle youth unemployment by sharing innovative ideas which have worked in their own country”. Guardiamo ai mesi passati e chiediamoci se il Digital Champion italiano ha guidato progetti innovativi nell’ICT, nell’accesso al Web, nell’e-government: la risposta è no, nessun progetto innovativo è nato e cresciuto grazie al Digital Champion. Nessuno. Zero.
Ci sono decine di progetti innovativi portati avanti nel Paese, ma nessuno è stato “guidato” dal Digital Champion. Al limite qualche progetto è stato raccontato, cercando di mettere il “cappello” Digital Champion a progetti che già esistevano e che già erano in corso. Esempio lampante la lavagna interattiva, su cui è stata costruita una storia poi smentita. O la banda larga di Verrua Savoia, raccontata come successo del Digital Champion nazionale ma in realtà esistente da anni (per altro, diverse associazioni sul territorio negli anni ci hanno provato. Anti Digital Divide è quella forse più rappresentativa). Per ogni singolo progetto raccontato nei mesi passati è possibile verificare che l’apporto del Digital Champion (e della sua associazione) è stato praticamente nullo.
Non è una questione di bicchieri mezzi pieni, è questione di obbiettivi e risultati. Ammettiamo che la scelta fatta dal Governo andasse nell’ottica non di stimolare, guidare o lanciare progetti innovativi (anche perché, con tutto il rispetto, per farlo servono competenze diverse da quelle del giornalista egittologo-sportivo-tecnologo) ma di divulgare i progetti innovativi già esistenti e creare consapevolezza che sì, questo Paese ce la può fare anche grazie al digitale. Quindi la scelta di un giornalista cade a fagiolo: essere il megafono dell’esecutivo sui progetti digitali.
Il Digital Champion avrebbe dovuto creare attorno a sé consenso, aggregare le realtà esistenti, diffondere le buone idee per promuovere la cultura digitale, stimolare la nascita di nuove reti locali, regionali e nazionali. In sostanza, avrebbe dovuto lavorare in maniera inclusiva. E invece che succede? Che anziché fare rete, capitalizzare le esperienze di centinaia di migliaia di persone che da decenni lavorano su questi temi e raggiungere la massa critica, il nostro Digital Champion crea la (sua) ennesima associazione privata, assegna la stelletta di “Digital Champion locale” a un migliaio di persone (non 8mila, ma va beh…) e li “battezza” come campioni del digitale italiano.
Un progetto che esclude, anziché includere. Un progetto che assegna un “titolo” (per quanto privo di formalizzazione e inesistente nei fatti) a mille persone, cercando di mettere su un piedistallo a “governare” il digitale a livello locale, ad essere l’interlocutore della Pubblica Amministrazione, a fare da “consulente” (con che competenze?). Qualcuno ci ha anche creduto, di essere un “Campione Digitale” locale – solo perché Riccardo Luna gliel’aveva detto via mail, senza però spiegargli perché avesse scelto proprio lui e in base a quali competenze – ed è corso a scriverlo su LinkedIn. Creare forum privati per gli “eletti” è totalmente contrario allo spirito della figura di Digital Champion. Creare giornate “a porte chiuse” per gli “eletti” non permette di far emergere best practice nazionali da raccontare a tutti perché diventino esempio per altri. Creare una struttura piramidale – indovinate chi è il Faraone? – è totalmente contrario allo spirito orrizzontale di diffusione. Sfruttare una carica pubblica a fini privati – incluso un enorme personal branding con siti, app e associazioni intestate ad una persona e non ad un organismo pubblico – non stimola le persone a far parte di un progetto, anzi tende ad esacerbare gli animi in chi non si riconosce in questa modalità di gestione.
Solo negli ultimi 3 giorni, molte persone di notevole spessore hanno pubblicamente espresso i dubbi sull’operato del Digital Champion: Anna Masera, Alfonso Fuggetta, Luca De Biase, Massimo Canducci, Nicola Morra. Voci che si aggiungono ad un coro numeroso e da mesi in costante crescita. Voci che esprimono un disagio per la gestione della carica di Digital Champion. Senza contare le persone che non possono o non vogliono esporsi per paura di ritorsioni ma che sono da mesi critiche verso la modalità di gestione della carica di Campione Digitale.
Ecco perché il Digital Champion italiano ha fallito la propria missione e dovrebbe dimettersi subito. Nessuno degli obbiettivi dichiarati è stato raggiunto. Nessun progetto innovativo è nato dal Digital Champion. Nessun “movimento” di divulgazione si è polarizzato sulla figura del Digital Champion creando un volano per il digitale in Italia. Nessuna nuova rete è nata ed è cresciuta grazie al Digital Champion. Nessun nuovo “polo di eccellenza” è emerso grazie al Digital Champion.
Riccardo Luna, pensaci: abbandonare subito la carica e dare la possibilità a qualcun altro di ripartire in maniera diversa e più inclusiva è forse la miglior scelta per chi vuole davvero il bene del Paese. Ci conto, ci contiamo.
Applauso.
Va detto però che alcuni DC erano/sono persone in gamba.
Ma nella sostanza hai ragionassima.
In Italia non si dimette nessuno, figurarsi lui.
Io credo la richiesta sia legittima. E magari il Governo ha a cuore il tema a sufficienza per imporre un cambio di rotta.
Io sono convinto che ci siano tantissime persone molto in gamba. Qualche centinaio dentro un’associazione privata, qualche decina di migliaia in altre associazioni private o realtà consolidate. Ecco, questo forse era il ruolo ideale del Digital Champion: sfruttare l’accesso alla politica che conta per instradare queste forze in un’unica direzione. A posteriori, forse il più grande ostacolo al successo dell’iniziativa è stato proprio il voler creare la “stelletta del campione locale”, perché non ha dato valore aggiunto e ha allo stesso tempo disgregato un movimento che già di suo è parcellizzato per mille motivi. Serviva (serve) un Campione Digitale che aggreghi attorno ad un progetto, non che aggreghi intorno a sè: sembra banale, ma un conto è lavorare perché Luna abbia successo come persona e un conto è farlo perché il Paese ne abbia un beneficio. In un’organizzazione orientata al risultato, poco importa chi è in cima (se mai ci deve essere una cima… si può anche essere orizzontali) e se cambi anche 10 digital champion, se il progetto è gestito bene va avanti. Oggi invece è Luna-centrico, ed è proprio questo che mi fa dire “azzerare tutto e ripartire in modo diverso con persone diverse”.
Segnalo questo articolo che ho visto stamattina http://www.technopolismagazine.it/cont/news/l-agenda-e-indietro-a-cosa-servono-i-campioni-digitali/4213/1.html#.VmgqeOLSeK9
Infelice è il termine Digital Champions, che dovrebbe essere “divulgatori del digitale”, dove quest’ultimo sia il nuovo paradigma.
In questo senso, i divulgatori devono stanno tra la gente e ne sono il faro, guadagnandosi autorevolezza in ciò che fanno, non solo in quanto dicono o stanno sul palco. Al pari di non essere dei baroni del foro (gurù) ma identificati per l’impegno a soddisfare queste aspettative chiunque siano (anche non esperti, smanettoni, nerd che siano)
Anche se, senza cura dell’immagine non si vive, ed in questo bisognava solo che ringraziare Riccardo nel farsi sfruttare. Operando sinergici agli operatori di settore, che dovrebbero sostenerli lungimiranti delle ricadute e ritorni in sostenibilità del tutto. In questo si è visto un settore cieco e prevenuto, nel non cogliere l’opportunità, ma del farne solo esercizio e vanto di sola critica distruttiva.
Digitale inteso come un nuovo attrezzo, ad uso delle persone e delle aziende. La cui diffusione e conoscenza, ne fa e farebbe un fattore d’opportunità strategica nel recupero del divario, crescita, occupazione, mercati, ecc…
Concordo non debba essere attività sussidiaria all’esistente, ma anche se lo fosse solo in questo indirizzata al combattere l’analfabetismo digitale, che si nasconde anche ed ove vi sia il possesso dei mezzi, ma non l’uso o la consapevolezza di visione strategica.
Farlo non porta sul palco, meriti e striscioni, interviste ed articoli, ma costa l’umiltà di dedicarci tempo e perseveranza, senza incentivi o ritorni. Attività che non può essere supportata da un singolo sul territorio (sia che sia il DC per l’Italia o i DC nel locale) a mio parere.
In questo ho sempre visto meglio l’iniziativa Digital Champions come un seme, che se ne facessero carico. Il presupposto per creare comunità locali di promozione del digitale. Non l’abuso di far cassetto proprio con un etichetta.
In alcune provincie o zone si è agito in questo senso, lavorando in Team che ancora oggi vivono e proseguono, e proseguiranno (mi auguro), indipendenti da critiche e contestabilità.
Ma proprio per la natura dell’argomento (culturale) e per la complessità del contesto e degli equilibri da driblare, misurarle sui risultati nel breve è uno sgambetto, che parimenti è inaccettabile e puzza di lobby irritata.
Un colpo al cerchio ed uno alla botte 😉
Non riesco a vedere tutto bianco o tutto nero.
Il lavoro fatto da Luna probabilmente ha giovato più alla sua persona che alla digitalizzazione dell’Italia, nondimeno ha fatto quello che i precedenti DC non erano riusciti a fare: mettere l’argomento in agenda.
Mica cotiche.
Quindi io vedo il bicchiere mezzo pieno, pur senza negare le critiche sull’operato e certi toni della comunicazione, celebrativi e acritici.
Detto questo, se ognuno di noi continua a fare la sua piccola parte, ci sarà sempre meno spazio per chi fa SOLO storytelling.
Ciao Max, sono uno dei 1000 “campioni” uno dei 6-7 genovesi. Ho avuto poco impatto in questo ruolo ma qualcosa è nato anche a Genova che non c’era prima, grazie all’impegno di Enrico Alletto e degli altri. Io non credo che Riccardo abbia voluto dare stellette ne prenderle per lui, ne che questa cosa l’abbia fatto diventare un guru chiamato a dx e manca. Altri, penso a Roberto Bonzio, fanno un mestiere simile, e aiutano il sistema a crescere diffondendo i modelli. Sono convinto come te che l’Italia stia crescendo in tal senso…noi monitoriamo cosa è nato da 10 anni di Silicon Valley Stud Tour , 23 edizioni, 400+ partecipanti…tutto aiuta, perché imbrigliarlo, o dare voti? …10 anni fa era un altro Paese, altra politica…altro mondo…sono ottimista, i DC non cambiano l’Italia ma hanno aggregato e creato cose che non c’erano…remiamo tutti nella stessa direzione ! ciao Paolo
Raimondo, per diventare un “seme” nel creare comunità locali di promozione del digitale non serviva un’associazione privata a numero chiuso. E infatti gli esempi migliori di aggregazione locale si hanno al di fuori del progetto Digital Champion oppure fatti da soci DCs che lo avrebbero fatto comunque, anche se l’associazione DCs non fosse esistita (penso al Veneto). In questo senso, quando parlo di inclusività, secondo me la figura del Digital Champion avrebbe dovuto essere il catalizzatore. Prendere l’esistente e accelerarlo. Unire quello che esisteva già e renderlo più robusto. Ma se hai in testa il personal branding e vuoi il merito anche di progetti già esistenti, allora il tutto finisce a spillette e storytelling. Il Digital Champion ha accesso alle alte cariche dello Stato, può tentare di far scalare alcuni temi, può portare in superficie quello che di bello già c’è. Immagina una rete delle reti (su questo ho lavorato abbastanza in passato, anche se non nel digitale) che trae la sua forza dall’avere un megafono in parlamento, dove altrimenti non si arriverebbe facilmente. Questo per me è un Digital Champion.
Paolo, concordo quando scrivi che grazie all’impegni delle persone sono nati progetti utili. La mia domanda è: se non ci fosse stato Luna, non sarebbero esistiti? Perchè il 99% dei progetti citati come “risultato” esistevano già prima. Forse allora lo sforzo per creare l’1% di progetti nuovi – se mai questo è avvenuto – non ha bilanciato la mancanza di aggregazione di migliaia di progetti già esistenti ma che faticano a trovare punti di contatto e creare rete. Ripeto, per me il Digital Champion ha questo ruolo: facilitare la creazione di reti orizzontali e scalare verso il Governo nel momento in cui c’è qualche progetto che può essere applicato su scala nazionale.
Matteo, concordo che non è bianco o nero. Ci sono sicuramente aspetti positivi nell’avventura di Luna (non so dirti se compensano quelli negativi ma non è questo il punto per cui soprassiedo). Non sono d’accordo che sono stati messi in agenda argomenti grazie a Luna (quali secondo te non c’erano e non ci sarebbero finiti? e in che agenda sarebbero finiti?) ma concedo il beneficio del dubbio. Per virare ad un grigio più chiaro e non negli abissi del nero, concedimelo tu stavolta, la creazione di valore effettivo e ricadute sul territorio avrebbero dovuto essere di un ordine di grandezza superiore. E concordo con Raimondo quando scrive che voler vedere risultati in 12 mesi può essere controproducente, ma in questo il carnefice e la vittima sono la stessa persona. Se crei un personaggio che dopo 3 mesi si dà obbiettivi irraggiungibili e dopo 6 racconta di risultati mirabolanti, dopo 12 mesi qualcuno che ti fa notare che non è vero lo trovi. Torniamo allora alla programmazione: definiamo obbiettivi triennali, e dopo 18 mesi verifichiamo dove siamo. Ad esempio. 6 mesi per censire le realtà esistenti; 6 mesi per creare una rete; 6 mesi per creare le priorità di questa rete; 18 mesi per realizzare quello che è prioritario. Come scrivevo nel post, però, forse questo è più il mestiere di un program manager magari avvezzo ai meccanismi sia della pubblica amministrazione sia delle reti, e non di un giornalista/comunicatore.
Condivido il contenuto, ma ritengo che oggi sia necessatio passare dalle critiche alle persone alle critiche alle loro azioni e omissioni.
Criticare le persone foraggia tifosismi che non aiutano ad innalzare la qualità del pubblico dibattito. Che in Italia é asfittico.
Ti segnalo anche questa mia analisi http://www.glistatigenerali.com/innovazione_startup/italiandigitalday-linnovazione-che-trasforma-e-culturale-il-resto-e-fuffa/
Grazie Francesco. Mi spiace traspaia un attacco alla persona, mentre l’idea di fondo è criticare il ruolo (se al posto di Luna ci fosse stato Sole e avesse dato al ruolo la stessa impostazione, la critica sarebbe identica) e la modalità con cui è portato avanti. Vado a leggere il link…