Arriva anche la posizione di AntiDigitalDivide sul WiMax e sulla gestione delle frequenze:

AntiDigitalDivide crede che dovrebbe essere segnalata, come obbligo associato ai diritti d’uso delle frequenze, una percentuale minima(non inferiore al 25%) di copertura del territorio sottoposta a verifiche periodiche, sotto il controllo delle preposte autorità, a distanza massima di un anno dalla data di concessione della licenza. Inoltre si auspica che il calendario di distribuzione ed il relativo coordinamento delle stesse, debbano prevedere il rilascio, obbligatorio, in primo intervento, sui territori Digital Divisi, per i quali nei mesi scorsi abbiamo lanciato un censimento attraverso il nostro sito. Quindi, solo a fronte della copertura nelle zone digitaldivise dell’area assegnata, l’operatore potrà provvedere alla vendita in altre aree. Altresì sarebbe d’uopo che vi siano diversi tipi di licenziatari in base alle caratteristiche della rete (ad es. wholesale, OLO, Wisp etc..).

Questa è un’idea niente male: se è vero che il WiMax serve a ridurre il divario digitale, chi vince la licenza prima copra quelle zone poi potrà dedicarsi al resto. Torna l’idea (espressa per altro da più parti nei giorni scorsi), che il WiMax in principio sarà fixed e ridurrà il potere del doppino (concetto per altro ribadito oggi da Francesco Caio su Repubblica Affari&Finanza).

Rimane da capire se l’idea di ADD è economicamente sostenibile: dal punto di vista aziendale, copro le zone che mi danno un ritorno sugli investimenti rapido ed elevato. Difficilmente (ma, ovviamente, andrebbe verificato precisamente) le zone che garantiscono il ROI maggiore sono quelle digital divise. Un’idea ibrida potrebbe essere di far avanzare le coperture (urbana e rurale-digitaldivisa) di pari passo: le prime “pagano” la copertura delle seconde.

Sul tema invece dei costi delle frequenze e di chi possa partecipare alle licenze, mi sono già espresso: non si può pensare di “svendere” le frequenze. Qualcuno ha pagato migliaia di miliardi di lire sul presupposto che le frequenze fossero risorsa scarsa. Se le regole cambiano, necessariamente bisogna introdurre meccanismi di tutela per chi ha già investito (ed il fatto che siano per la maggior parte capitali stranieri dovrebbe portare un’attenzione ancora maggiore).

3 pensiero su “Il WiMAX di AntiDigital Divede”
  1. Da quello che risulta a me, ma mi posso tranquillamente confondere, il fatto che il Wi-Max in principio sara’ fixed, secondo me non e’ solo un’idea ma una certezza: le frequenze in fase di cessione sembrerebbero quelle su cui opera il protocollo 801.16d-2004 (3.4–3.5 GHz). Il 802.16e-2005, cioè il Wi-Max mobile, non usa il range 2.3–2.5 GHz?

  2. Ti risulta bene, le frequenze sono quelle fixed. Il discorso era più generico, ovvero tutela degli investimenti fatti da un lato e progresso tecnologico dall’altro.

  3. Registriamo le dichiarazioni apparse oggi su A&F dell AD Vincenzo Novari (3italia) sul tema:
    C’è ancora parecchia ambiguità attorno al WiMax. A volte se ne parla come un nuovo wifi, più efficiente e potente ma non di più. Altre volte come di una nuova tecnologia per reti mobili. E se stiamo parlando di questa seconda modalità, allora ci sono delle cose da puntualizzare». Vincenzo Novari, amministratore delegato di Tre Italia, il quarto operatore mobile italiano, arriva dritto al punto. «Siccome si parla di ultimi sviluppi del WiMax in grado di offrire il cosiddetto ‘hand over’, la gestione della connessione al passaggio da una cella all’altra, allora siamo in pieno nel campo d’azione della telefonia mobile. E questo vuol dire che il tema deve essere affrontato con molta attenzione. Se si vuole creare una nuova tecnologia di rete mobile bisogna che ciò venga fatto senza creare discriminazione rispetto ad operatori mobili che, come noi, hanno pagato oltre 2 miliardi di euro per le sole licenze».
    Chiede quindi la garanzia di un’assegnazione a gara?
    «Intanto, ma non solo. Anche il valore di partenza, quello da cui prenderà il via l’asta deve essere proporzionale con quello che è stato pagato con l’Umts. D’altra parte, se davvero si pensa a reti mobili WiMax, allora si pensa al progetto di realizzare un’infrastruttura che non potrà avere molte meno antenne di quelle che usa una rete mobile Umts. Sento parlare di 5 mila stazioni radiobase per coprire il territorio italiano in WiMax. E’ una rete comparabile alla nostra: noi ne abbiamo 7 mila. Questo per dire che se è questo l’obiettivo a cui si punta, stiamo parlando di investimenti rilevanti. Noi chiediamo insomma che le regole valgano per tutti».
    Che cosa intende per valore proporzionale della base d’asta?
    «Non chiedo certo che siano uguali. Potrei considerare un valore di un quinto o di un sesto di quello che nel 2000 abbiamo pagato noi un valore proporzionale. Certo non considererei tale un valore di un centesimo di quello di sette anni fa».
    E se invece alla fine si trattasse solo di una tecnologia di accesso wireless alla rete fissa?
    «Allora siamo di nuovo al wifi. E lì mi pare che finora nessuno sia riuscito a creare un business plan in grado di mettere in movimento un giro d’affari almeno ad otto cifre».
    Ma insomma, che cosa temete?
    «Solo di dover fronteggiare una concorrenza che si trovi in condizioni di vantaggio rispetto a noi in virtù di un accesso ‘scontato’ al mercato. Se questo dovesse verificarsi siamo pronti a dare battaglia ovunque, dalle authority ai tribunali».
    (Di Stefano Carli)
    Dimitri

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