Continua il dilemma Telecom Italia: mentre sono iniziati i negoziati con gli spagnoli di Telefonica per l’ingresso di questi ultimi in Olimpia, pare che più di un politico sia preoccupato per la cessione di un asset così importante. Anche perchè Telefonica sembra puntare più a Brasile (telefonia mobile con Tim Brasil) e Germania (banda larga con marchio Alice), che non all’Italia.

Antonio Di Pietro, che si era messo di traverso nell’affare Autostrade-Abertis, è possibilista: “Nessun veto del Governo a soci stranieri”, salvo poi aggiungere che “non è pensabile lasciare che gli stranieri vengano in Italia e facciano shopping come se niente fosse”.

Quasi ovvia quindi la richiesta di intervento che arriva dalla classe politica alle banche italiane: se Tronchetti ha deciso di uscire, entrate voi. Tutto parte da Mediobanca, che cerca l’alternativa a Telefonica: in prima fila Capitalia, seguita da Intesa-San Paolo (ma ha fatto sapere di non essere interessata) e Generali.

Nel marasma di articoli usciti sulla stampa odierna, interessante l’approfondimento de Il Foglio che titola: “Una Repubblica fondata sulle banche”. Il capitalismo italiano è in mano agli istitutiti di credito, che valgono un quarto dell’intera Borsa e un settimo del Pil. La tesi del quotidiano è che “gli istituti di credito sono ricchissimi perchè raccolgono denaro a basso costo e poi fanno le loro puntate in tutte le partite che contano”. E Telecom Italia non fa eccezione.

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