Ora che il premio Nobel per la Pace 2010 ha un nome – Liu Xiaobo – possiamo finalmente tirare le somme sull’iniziativa che ha portato Riccardo Luna e Wired.it a perorare per mesi la causa di Internet for peace. Una campagna mediatica massiccia, un ‘tour’ italiano con puntate estere per spiegare perchè il Web doveva vincere il Nobel per la pace, un coinvolgimento degli influencers italiani (o meglio di alcuni influencers, con il classico meccanismo autoreferenziale per cui sembra che 10 persone rappresentino il ‘mondo’ Web).

Non entro nel merito delle scelte fatte, ma essendo sempre stato abbastanza critico sull’iniziativa adesso posso dire… avevo ragione. Internet è uno strumento, un medium, una rete che collega persone e come tale sono le persone stesse a poter usare bene o male il mezzo. Internet è usata dai terroristi così come dai pacifisti, il Nobel deve andare ad una persona e non ad uno strumento che, come tale, può essere utilizzato a fin di bene o meno.

Quindi Internet for Peace ha fallito? Sì. Se in Italia il coinvolgimento di influencers sembrava aver dato la spinta mediatica all’iniziativa, all’estero alcuni meccanismi italici non funzionano così bene per cui la logica (quella che vuole il premio alle persone) ha sconfitto il marketing (quello che ‘vende’ un’idea).

Per chi si chiede se Wired.it e il suo editore Condè Nast abbiano fallito, la risposta è no. Internet for peace è stata concepita sin dal principio come una maxi-operazione di marketing  e comunicazione (affidata ad Ogilvy che ha fatto un ottimo lavoro), il Nobel è stata la strada etica per aprire la via commerciale, ha dato visibilità alla rivista e al marchio, ha portato il direttore Luna ad accreditarsi agli occhi del proprio pubblico come Internet-man, ha fatto vendere più copie e ha permesso all’editoret di raccogliere pubblicità extra che altrimenti non sarebbe arrivata o sarebbe arrivata con meno facilità. Il nuovo Wired.it – lanciato oggi – e la rivista cartacea godranno dell’attenzione mediatica di Intertnet for Peace per molter settimane ancora.

Insomma, alla fine il Nobel del marketing a Wired e a Condè Nast glielo possiamo pure dare 🙂

UPDATE 11 ottobre 2010
Il direttore di Wired Riccardo Luna risponde al ragionamento fatto nel mio post direttamente dalle pagine di Wired.it. Non c’è molto da commentare: la risposta conferma che a Condè Nast va il premio del marketing, ma il Nobel rimane un premio pensato per le persone. Rimane un enorme interrogativo: qual era l’obbiettivo di I4P? (Sugli attacchi personali c’è ancora meno da commentare: come sempre certe accuse qualificano chi le muove. E anche certe risposte. Il tempo dirà chi aveva ragione.)

9 pensiero su “Nobel per la pace: le persone sconfiggono il marketing”
  1. Sono d’accordissimo Massimo. Wired, con grande astuzia, ha calvalcato l’iniziativa per farsi della gran pubblicità culminata con i nuovi sviluppi. Per quanto riguarda il premio nobel, però devo dire che tutta la vicenda della censura cinese sta ridando valore proprio allo strumento Internet che attraverso Twitter sta riuscendo a bucare tale censura. Quindi nel giorno della sconfitta di Internet come “strumento di pace”, una vittoria di Internet come strumento di libertà di informazione e di superamento della censura. Io ne ho parlato qui http://goo.gl/JHpr . Mi piacerebbe sapere che ne pensi.
    Grazie.

    Paolo Ratto

  2. Intervengo per dare un altro punto di vista e invito a leggere questo articolo: http://mag.wired.it/news/storie/i4p-come-aggirare-la-censura-cinese-senza-credere-ai-miracoli.html

    Forse non è stata solo una operazione di MKTG come scritto, ma è stato un importante iniziativa per aumentare la coscienza critica di alcune persone che preferivano il quieto vivere, oppure risvegliare l’intelligenza di altri, o rafforzare la convinzione comune che internet non è una minaccia, ma una grande opportunità, soprattutto per chi è emarginato e non può comunicare!

    Perso il Nobel? Si, ma è stato vinto un “nobel diverso” da tutti quelli che hanno aderito all’iniziativa: quello di aver dato voce, occhi e orecchie a chi non ce l’ha e offerto nuovi orizzonti e nuovi spazi di democrazia e nuove opportunità di crescita e sviluppo per tutti, anche per i più lontani e dimenticati…

  3. Ciao Max
    ho seguito la vicenda.

    Ti chiedo. Come poteva Wired pensare di lanciare un’iniziativa simile se non concertando il concepimento della stessa con un’importante agenzia di comunicazione e coinvolgendo ai massimi livelli personalità politiche, addetti ai lavori, e quanti abbiamo visto spendersi worldwide per questo obiettivo? E’ evidente che si è trattato fin dall’inizio di una candidatura anomala, del cercare di mettere al centro un’idea di libertà individuale resa abile da internet, e non avrebbe potuto avere successo se non condotta in questo modo, con ambizione e coraggio.

    Credo sia facile dare una lettura obliqua all’iniziativa, adducendo motivi di tornaconto per la rivista e il suo direttore che fanno pensare ad una tua personale antipatia.
    Non conosco infatti Luna e leggo Wired come tante altre riviste, ma non trovo in questo blog argomentazioni solide per poter considerare il tuo post uno spunto di reale analisi del lancio di I4P.

    Piuttosto affermazioni come quella che dedichi al direttore ad il vantaggio che associ alla rivista sono letture talmente ovvie che non vale la pena farle se non supportate da fatti. Altrimenti è pura dietrologia, che spesso nasconde altri scopi (come questa mia) ed evidenzia la tendenza a mettere in luce gli aspetti negativi delle cose (esercizio certo più in uso che mettere in risalto le cose belle e positive).

    Claudio Zamboni

  4. Claudio, grazie per le opinioni. Io Luna non lo conosco, per cui puoi escludere questioni personali 🙂 detto questo, ci sono aspetti fortemente commerciali dietro l’iniziativa, per cui se vuoi assolviamo pure Luna “perchè ci crede davvero” (non sono nella sua testa per poter dire se sia così o meno), ma non perdiamo di vista quella che è stata una campagna di marketing a beneficio di Wired e di Condè Nast. L’idea del nobel a internet non la condivido (si possono avere opinioni diverse o se non si è allineati ai presunti guru non si può scrivere nulla?), ma questa è appunto un’opinione. Quella che non può essere un’opinione è invece che sia stata una campagna di marketing… Un’azienda spende soldi e tempo in cambio del nulla? Questa visione la lascio agli ingenui.

  5. Campgna marketing molto border-line…qualcuno si sentirà ingannato, altri no.
    Chi gioca col fuoco prima o poi si brucia.

  6. Io non sono un esperto di marketing ma mi piace molto cercare di capire come una qualsiasi iniziativa possa suscitare interesse o meno nelle persone.

    A me l’iniziativa di Riccardo Luna, Interet4Peace, è piaciuta moltissimo ha suscitato il mio interesse e l’ho seguita.

    Ma anche il tuo Post ha suscitato il mio interesse, l’ho letto e mi ha fatto fare considerazioni che prima non avevo fatto.

    Entrambe queste iniziative hanno suscitato il mio interesse………… se queste sono operazioni di marketing io non lo so e non mi interessa saperlo

    La conclusione che ne traggo e che per me entrambi avete avuto la libertà di esprimere opinioni diverse e la possibilità di essere letti o meno da me e da chi si è interessato all’argomento.

    Se poi entrambi lo avete fatto per un doppio scopo personale che era quello di catturare la mia attenzione, io non lo voglio sapere.

    Io non avevo mai pensato che questo fosse marketing, pensavo che si chiamasse Internet.

  7. Come ha scritto Doctor Brand nel commento precedente, secondo me prima o poi si scottano.
    Vediamo che succederà

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